domenica 13 maggio 2012

NARRATORE
Non si può voler aggiungere a ciò che
si ha quello che si aveva...
Non si può essere, ad un tempo,
ciò che si è e ciò che si era...
Bisogna saper scegliere;
non si ha il diritto di avere tutto... è proibito
Una felicità è tutta la felicità;
due è come non esistessero...
da: HISTOIRE DU SOLDAT di Strawinskij

diciamo che mi rispecchia completamente in questo momento :-))

NON MANCATE:
27 e 28 MAGGIO
AUDITORIUM CONCILIAZIONE


HISTOIRE DU SOLDAT

di IGOR STRAWINSKIJ

ORCHESTRA SINFONICA DI ROMA
diretta dal M°FRANCESCO LA VECCHIA
con COSIMO CINIERI e GIOA SPAZIANI
regia IRMA IMMACOLATA PALAZZO
e VINCENZO SAGGESE


giovedì 10 maggio 2012

25 APRILE 2012
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA DI ROMA
SALA SINOPOLI

COSIMO CINIERI

PIER PAOLO POETA DELLE CENERI

regia 
IRMA IMMACOLATA PALAZZO

da un'idea di 
GIANNI BORGNA

drammaturgia
IRMAIMMACOLATA PALAZZO
e
GIANNI BORGNA













La voce poetica di Pier Paolo Pasolini è stata una delle più forti e più lucide nel denunciare i mali del mondo moderno e la violenza del potere, di ogni potere. Per questo è stata anche una delle voci meno assimilabili e accettabili. Tutta la sua opera e la sua vita sono state un corpo a corpo con la realtà e un duro atto d’accusa contro la società dei consumi e la borghesia, da lui considerata una “malattia”. Pasolini, però, non era in senso stretto un filosofo o un ideologo; era un artista particolarmente poliedrico (poeta, scrittore, critico, regista, drammaturgo, pittore) e di straordinaria sensibilità. Le sue analisi – anche le più oggettive e “corsare” – erano sempre frutto di questa sua capacità visionaria, che trascendeva e sublimava tutto quello che egli sperimentava vivendo. Noi vogliamo proporre proprio questo Pasolini. Il Pasolini che in versi a volte purissimi, a volte accesamente sperimentali, cerca di trarre in prima persona un bilancio della sua vita e di comporre un ritratto di sé di una sincerità sconvolgente. Sono tra l’altro i versi di Una disperata vitalità, il poemetto compreso nella raccolta Poesia in forma di rosa del 1964, di Who is me?, noto in Italia come Poeta delle ceneri, composto nell’estate del 1966 dopo un viaggio a New York come risposta alle domande postegli da una giornalista americana, in realtà un autoritratto dei più profondi e dei più crudeli, e di Coccodrillo (nel gergo giornalistico un necrologio scritto in anticipo per averlo pronto al momento del bisogno), che Pasolini scrive nel 1968 su sé stesso, senza riuscire mai a concluderlo, data la complessità e l’imprevedibilità della vita. 

Gianni Borgna

IL CONCERTO-SPETTACOLO
 “Non bisogna aver paura di avere un cuore”. PPP

E’ con molto amore che ho affrontato questo spettacolo. Madre profuga friulana, o meglio, slovena, [nata, cmq, a 50 km da Casarsa: mia rimozione totale (!) fino a ieri, prima di dedicarmi allo spettacolo], nonni austroungarici, famiglia massacrata equamente da nazisti e partigiani, padre meridionale da infinite generazioni, nata in Francia durante l’emigrazione dei miei, e poi sbattuta negli anni ’60 al Cep di Bari che, al confronto, le borgate pasoliniane mi sembrarono, una volta a Roma, dei villaggivaltur. Posso considerarmi, insomma, un prodotto tipico del sottoproleriato acculturato che PPP non amava, un pastiche antropologico.
Nichi Vendola, a ragione, sostiene che PPP è il poeta di una transizione, di un trauma. Ecco, io sono figlia di quella transizione, di quel trauma. Va da sé che lo spettacolo urgeva.
Sono a Roma dal ’75 e ho fatto in tempo a vedere Pasolini alla manifestazione per la Spagna libera in piazza di Spagna. Quella famosa con tutta la FGCI schierata in veste d’alfieri e pronti a prenderne il testimone. E si sa che il poeta molto si aspettava dai giovani Borgna, Veltroni, Adornato, ecc.
Me lo ricordo PPP, urlare e sbraitare come un pazzo profeta biblico, affinché ‘prendessimo coscienza’ e ci fermassimo. E, rileggendolo, ancora oggi, un senso di colpa: sono abbastanza in trincea? Siamo, chi più chi meno. Nella pseudoatarassia dilagante, in questo vuoto barocco –mi si perdoni l’ossimoro- lo scandalo terribile è che non ci scandalizza più nulla. A PALAZZO qualcuno scappa con la cassa, arrogandosi poi il diritto di tenersi la poltrona. E allora? Depredati ci chiediamo: ma la Chiesa l’ICI la paga o non la paga? Ni. E allora? Ma ‘sta montagna in Val di Susa è davvero piena d’amianto? Sondaggi TV proposti al pubblico: digitare sì o no. E allora? Immigrate dalla Cina 900 scimmie per la vivisezione. E allora? Le rosse bandiere nella grande, nobile, santa madre Russia si sono dissanguate per tentare l’ultimo assalto per la libertà, ma porcaloca ancora quanto poco sventolate, visto che dopo i brogli son buone per farne migliaia di mouchoires. E allora?
Ci sono morti che ci appartengono più delle altre, perché ci lasciano rabbiosamente orfani. E’ il caso di PPP. La sua voce ci manca, il suo coraggio, la sua rabbia, ci mancano le sue appassionate e profetiche analisi sociologiche, le sue violente polemiche che nessuno risparmiavano, neanche gli amici più cari, gli intellettuali in auge. Ci mancano i suoi ammonimenti. E il suo onnivoro e vitale ‘sperimentare’.
Furente Cristo, per spaventarci ben bene all’ultimo atto del martirio, PPP dà in pasto il proprio corpo. Ecce homo. E difatti ancora ci esorta -a chi vuol sentire- alla rabbia, non quella che sfila soltanto un giorno, no, quella che invece ogni giorno mette in gioco realmente la vita e agisce per sacrosanto pane certo oggi e per il desco di tutti i figli di domani. In India vige il monito che alla vita abbisogni un soldo per il pane e un soldo per la rosa, alias poesia. PPP, poeta, incita alla rivolta permanente (Camus docet) e invoglia alla pietas delle proprie insanabili contraddizioni. Per tutto questo e altro ancora, a tanti anni di distanza, ci è dato di ritrovarcelo accanto, vivo compagno di viaggio.
Quel VUOTO in cui ci lasciò è ancora intatto. Ebbene, questo Concerto-spettacolo parte da quel Vuoto. Rigurgito magmatico e sfilacciato, suddiviso in 10 capitoli che, dalla morte di PPP vanno à rebours, palesando alcuni dei suoi temi più emblematici, con un prologo profetico e un epilogo friulano in un campo di lucciole. Il testo è innestato su Pier Paolo, poeta delle ceneri e Coccodrillo, usati come griglia autobiografica. Del corpus pasoliniano, della sua imponente e torrenziale logorrea poetica, vitale piano-sequenza interrotto dalla morte violenta, sopravvivono in collage resti, brandelli d’un furente e amorevole pasto dionisiaco, frammenti ridotti a volte a capitoletti buoni per FB (su cui è molto citato) o a slogan per Twitter, veicoli dell’immaginario collettivo di oggi. Uno spettacolo aperto, tanto abile da ‘fingere’ una sorta di mood tra happening e performance (per PPP, la vita come espressione di sé), e che abbia l’aria del non finito, di una cosa in fieri, in divenire, così come lui avrebbe voluto che fosse letta la sua opera. Un affresco.
Cosimo Cinieri rivive con struggente e rabbiosa verità i versi pasoliniani, alla stregua di un antico-modernissimo rapsodo. Lo accompagna una band di virtuosi solisti, contagiati da sonate bachiane, ritmi di balera e canzonette da jukebox di periferia, che richiamano atmosfere di quel mondo contadino o emarginato tanto amato dal poeta: le musiche sono citazioni dei suoi film, orchestrate da Domenico Virgili (Violino tzigano, Fenesta ‘ca lucive, Il mio canto libero, l’Adagio di Albinoni, Chopin: il Valzer op.34N°2, il Blue distorto Dark was the night di Blind Willie Johnson, Sempre libera degg’io della Traviata, Amado mio, di Bach il Siciliano, il valzer di Salò: Danzi: Son tanto triste, ecc.).
Nelle maglie della narrazione si intrecciano alcune delle sue canzoni più belle (Che cosa sono le nuvole? I ragazzi giù nel campo, Chi è un Teddy Boy? Danza de li sette veli, Il valzer della toppa, Cristo al Mandrione), interpretate da Gianni De Feo con lirismo appassionato e scopertamente ambiguo, testimonianza  di una “diversità” da Pasolini stesso dichiarata, a volte vissuta come ferita esistenziale e che pagò con la propria vita.
Lavorando sulle frequenze musicali e vocali, verrà visualizzato sullo schermo il calendario di PPP. Una foto per ogni mese, giusto giusto per ogni capitolo del nostro testo. Ridotto a icona di massa, come una qualsiasi velina, come Che Guevara, stampato sulle t-shirt che i ragazzi di oggi portano allegramente senza sapere neanche chi sia. L’installazione è di Max Ciogli.
Giancarlino Benedetti Corcos è autore degli elementi scenografici: l’altare/teatrino delle belle bandiere (stracci ridisegnati e reinterpretati da lui), compresa la bandiera bianca contro Putin con la quale Cosimo si soffierà il naso e l’altare/teatrino delle rose, sorta di casotto-camerino d’attore con specchio e servomuto portante gli abiti di scena del cantante. Fabiana Di Marco, impianto scenico; Gian Maria Sposito, costumi; Giannantonio Marcon, video; Daniele Lanci, foto di scena.

a mia madre, quella parte di Friuli che è in me
Irma Immacolata Palazzo




TEATRO ELISEO
STAGIONE 12.13

giovedì 10 maggio 2012
ore 11,30 ingresso libero
Teatro Eliseo, via Nazionale 183

PRESENTAZIONE
STAGIONE 2012/2013
del Teatro Eliseo
e del Piccolo Eliseo Patroni Griffi

Saranno presenti i protagonisti
e gli artisti del nuovo cartellone

segue brindisi
offerto dalla Cantina Pieve Vecchia
di Campagnatico

anche in diretta Streaming su www.eliseo.tv

PROGETTO SCUOLA TEATRO ELISEO
un progetto di 
IRMA IMMACOLATA PALAZZO
con
COSIMO CINIERI

FILONE LETTERARIO

GRAMSCI LETTERE DAL CARCERE
e
DANTE VIANDANTE TRA INFERNO E PARADISO

FILONE LEGALITA'

AL MIO PAESE
liberamente tratto dal libro "Al mio paese. Sette vizi. Una sola Italia"
di Melania Petriello
con
SEBASTIANO NARDONE