giovedì 12 luglio 2012






23 luglio 2012 ore 21
GIARDINI DELLA FILARMONICA, ROMA


“IL POETA E’ UN FINGITORE”
FERNANDO PESSOA in RAPSODIA

per la voce di COSIMO CINIERI

MARCELLO FIORINI   fisarmoniche  SALVATORE ZAMBATARO
musiche originali ed elaborazioni di MARCELLO FIORINI

elaborazione drammaturgica e regia
IRMA IMMACOLATA PALAZZO



Ci sono folli che parlano ad alta voce, ed altri folli, come Pessoa stesso confida in alcune sue pagine, ‘che sognano ad alta voce’. Schiera a cui forse egli apparteneva. La sua visione interna è quella di un mondo straripante di figure, un olimpo di personaggi, dove uno non è la variante dell’altro, ma assolutamente autonomo, dotato di personalità e linguaggio proprio. Pessoa in portoghese vuol dire ‘persona’, eppure, nessuno più di lui ha operato così profondamente il fenomeno della ‘spersonalizzazione’, un annichilimento esistenziale che rende la sua opera inafferrabile. Le tante figure  distinte, proiezioni di un’anima multiforme, altro non sono che lucide allucinazioni di un solo autore-attore che, di volta in volta, indossa maschere diverse. Pessoa ci racconta che alcuni di questi scrittori si sono conosciuti tra di loro, ma che nessuno ha mai conosciuto lui. Un mistero, dettato dalla necessità di essere egli stesso una letteratura… ‘Plurale come l’universo’.

“Non so quante anime ho”, scrive Pessoa. Multiplo anche nell’anima. Percepiva ogni mutamento, ne era consapevole ed operava un provvidenziale distacco. Uno straniamento che gli consentiva di leggere la vita come se fosse un paesaggio, annotando a margine ciò a cui assisteva, non sicuro di essere neanche colui che scriveva.
Ma Pessoa era questo e il contrario di questo. Non sempre l’atarassia abitava la sua anima. Ci sono pagine struggenti in cui ‘le buone cose della vita’ gli facevano male in modo metafisico, anche se si trattava solamente di lasciare la povera stanza d’affitto dove aveva vissuto per alcuni mesi, o del tavolo dell’albergo di provincia dove era stato appena sei giorni: ogni cosa che abbandonava gli procurava un’intensa commozione. Anche lui, come noi, da qualche parte e nei panni di chissà quale eteronimo,  evocando certi ricordi, si sentiva esiliato, ‘solo nella notte di se stesso’, al cospetto delle porte sbarrate.
Altre volte percepiva la sua anima come “una vasta vertigine intorno al vuoto, un movimento di un oceano senza confini intorno ad un buco nel nulla, e nelle acque, che più acque sono turbini, galleggiano le immagini di ciò che ha visto nel mondo…” .
La tavolozza della sua anima è talmente variegata e complessa che non ci sorprende constatare che nel suo universo rarefatto tutto ha diritto d’asilo, anche la coscienza di non sapere chi sia, che anima possieda.

 “La poesia è dappertutto – nella terra e nel mare, nelle città”, perfino “in una cosa ridicola come una chiave, i baffi di un gatto”. Le immagini poetiche sfilano davanti a lui in cortei di sete sfumate, oppure si librano in vaneggiamenti, prima che diventino PAROLE, con la loro concreta pesantezza. E, come Orazio, un poeta che egli amò e a cui si ispirò Ricardo Reis, uno dei suoi eteronimi, Pessoa ci dice che la POESIA è il veicolo con cui abbiamo la possibilità di metterci in comunicazione con la parte divina che è in noi.

Pessoa si considerava un mistico con il corpo, la sua anima era semplice perché non pensava. Vivere e non pensare: è un imperativo che torna di continuo nella sua poetica. Questa la sua metafisica. Oppure, rispettare il Mistero, se c’è. E se non ci fosse alcun Mistero?
“Tutto è mistero e il mistero è tutto”, non ricorda lo scioglilingua delle streghe del Macbeth?: “Il bello è brutto e il brutto è bello…”, anche lì c’era un mistero da sciogliere…
“Più dell’esistenza/è un mistero l’esistere, l’essere, l’esserci/un essere, un’esistenza, un esistere – uno qualsiasi…”.
Eppure, il panteismo di cui si nutrono molti suoi versi ci conciliano con un mondo tutto da vivere e da adorare, in cui ci sentiamo immersi, perché creati con la stessa materia delle stelle, del vento e dei fiori e di Dio stesso. Possiamo imparare dai ciarlatani e dai banditi, e ascoltare filosofie che gli stolti possono insegnarci. ‘Tutto è in ogni cosa’  e “Essere uomo è sapere che non si capisce”.

La vita, per Pessoa, è un semplice quadro che include il poeta che assiste come a uno spettacolo privo di intreccio e insensato, creato soltanto per la gioia degli occhi. Si dorme, pur essendo svegli. La vita, di fatto, è una grande insonnia.
 ‘Dormiamo la vita, eterni bambini del Destino’: Pessoa prova una tenerezza immensa per l’umanità infantile che vive ‘dormendo’ e quindi inconsapevole.
Ricardo Reis, passando per Epicuro e Orazio, consiglia di ‘guardare di lontano la vita, senza mai interrogarla’. Tanto, essa nulla può dirci, in virtù del segreto che racchiude. I nostri compiti: seguire il nostro destino, annaffiare le nostre piante, amare le nostre rose: intorno c’è l’ombra di alberi estranei, e, in cuore, serenamente imitare l’Olimpo, poichè gli dei sono dei perché non si pensano.

Parafransando un suo verso celebre: ”…e manca sempre una cosa, un bicchiere, una brezza, una frase …”, manca sempre una pagina per poter afferrare del tutto Pessoa.
Benchè il materiale a disposizione -dei 27.500 documenti quasi tutti inediti, conservati in ‘un’arca’ per i posteri- sia più che sufficiente per illustrare la sua poetica, si avrebbe voglia di leggere e leggere ancora alla ricerca di un’altra pagina forse più illuminante. Paradossalmente, però, ci si accorge quasi subito che per intendere Pessoa può bastarne una sola.
E proprio perché egli stesso concepì un’opera aperta e incompiuta, si ha la libertà di spaziare e scegliere tra le innumerevoli parole ed eteronimi, senza il rischio che nella scelta, fatalmente arbitraria, venga distorto il senso profondo della sua poetica. Ogni concetto, quindi, può essere traslocato e assemblato con altri. In ogni scelta possibile, quindi, c’è tutto Pessoa e manca sempre qualcosa di Pessoa…

Tenendo conto che egli frequentò esoterismo e alchimia, per dare unità allo spettacolo e costruire una sorta di percorso narrativo, ho suddiviso brani di prosa e versi secondo la classificazione dei “sette corpi sottili”.
A mio avviso, il ‘grande buco nero’ di Pessoa è il corpo emotivo, il cuore. Attorno a ‘questo suo cuore freddo’, quindi, ho avvitato tutto il  materiale:

1. “semplicemente sento con l’immaginazione, non uso il sentimento”=corpo mentale
2. Faust: il mio può essere solo un tentativo di amare=corpo emotivo
3. Faust invoca la Morte, sua unica amante possibile=corpo fisico.

Questa è una delle innumerevoli possibilità di raccontare e rivivere il poeta…



IRMA IMMACOLATA PALAZZO


“IL POETA E’ UN FINGITORE” ha debuttato il 16 marzo 2009 al Teatro Studio dell’Auditorium-Parco della Musica, Roma nell’ambito della rassegna Le lingue della Poesia: classici per l’Europa – a cura di Valerio Magrelli, riscuotendo uno straordinario successo. Il 20 maggio 2009 è stato trasmesso in diretta dalla Sala A di Via Asiago - RAI Radio 3 – nel programma Il consiglio teatrale.




venerdì 6 luglio 2012

6 LUGLIO 2012 H 21

BORGO SOLOMEO (PG)



COSIMO CINIERI

PIERINO E IL LUPO

e

ROMA SINFONIETTA

diretta dal M° FABIO MAESTRI



testo teatrale in versi liberamente ispirato
dalla favola di S.S.Prokofiev
GIORGIO WEISS

regia

IRMA IMMACOLATA PALAZZO