23 luglio 2012 ore 21
GIARDINI DELLA FILARMONICA, ROMA
“IL POETA E’ UN FINGITORE”
FERNANDO PESSOA in RAPSODIA
per la voce di COSIMO CINIERI
MARCELLO FIORINI fisarmoniche SALVATORE ZAMBATARO
musiche originali ed elaborazioni di MARCELLO
FIORINI
elaborazione drammaturgica e regia
IRMA IMMACOLATA PALAZZO
Ci sono folli
che parlano ad alta voce, ed altri folli, come Pessoa stesso confida in alcune
sue pagine, ‘che sognano ad alta voce’. Schiera a cui forse egli apparteneva.
La sua visione interna è quella di un mondo straripante di figure, un olimpo di
personaggi, dove uno non è la variante dell’altro, ma assolutamente autonomo,
dotato di personalità e linguaggio proprio. Pessoa in portoghese vuol dire
‘persona’, eppure, nessuno più di lui ha operato così profondamente il fenomeno
della ‘spersonalizzazione’, un annichilimento esistenziale che rende la sua
opera inafferrabile. Le tante figure
distinte, proiezioni di un’anima multiforme, altro non sono che lucide
allucinazioni di un solo autore-attore che, di volta in volta, indossa maschere
diverse. Pessoa ci racconta che alcuni di questi scrittori si sono conosciuti
tra di loro, ma che nessuno ha mai conosciuto lui. Un mistero, dettato dalla
necessità di essere egli stesso una letteratura… ‘Plurale come l’universo’.
“Non so quante anime ho”, scrive Pessoa. Multiplo anche nell’anima.
Percepiva ogni mutamento, ne era consapevole ed operava un provvidenziale
distacco. Uno straniamento che gli consentiva di leggere la vita come se fosse
un paesaggio, annotando a margine ciò a cui assisteva, non sicuro di essere neanche
colui che scriveva.
Ma Pessoa era
questo e il contrario di questo. Non sempre l’atarassia abitava la sua anima.
Ci sono pagine struggenti in cui ‘le
buone cose della vita’ gli facevano male in modo metafisico, anche se si
trattava solamente di lasciare la povera stanza d’affitto dove aveva vissuto
per alcuni mesi, o del tavolo dell’albergo di provincia dove era stato appena
sei giorni: ogni cosa che abbandonava gli procurava un’intensa commozione.
Anche lui, come noi, da qualche parte e nei panni di chissà quale
eteronimo, evocando certi ricordi,
si sentiva esiliato, ‘solo nella notte di
se stesso’, al cospetto delle porte sbarrate.
Altre volte
percepiva la sua anima come “una vasta
vertigine intorno al vuoto, un movimento di un oceano senza confini intorno ad
un buco nel nulla, e nelle acque, che più acque sono turbini, galleggiano le
immagini di ciò che ha visto nel mondo…” .
La tavolozza
della sua anima è talmente variegata e complessa che non ci sorprende
constatare che nel suo universo rarefatto tutto ha diritto d’asilo, anche la
coscienza di non sapere chi sia, che anima possieda.
“La
poesia è dappertutto – nella terra e nel mare, nelle città”, perfino “in una cosa ridicola come una chiave, i
baffi di un gatto”. Le immagini poetiche sfilano davanti a lui in cortei di
sete sfumate, oppure si librano in vaneggiamenti, prima che diventino PAROLE,
con la loro concreta pesantezza. E, come Orazio, un poeta che egli amò e a cui
si ispirò Ricardo Reis, uno dei suoi eteronimi, Pessoa ci dice che la POESIA è
il veicolo con cui abbiamo la possibilità di metterci in comunicazione con la
parte divina che è in noi.
Pessoa si considerava un mistico con
il corpo, la sua anima era semplice perché non pensava. Vivere e non pensare: è
un imperativo che torna di continuo nella sua poetica. Questa la sua
metafisica. Oppure, rispettare il Mistero, se c’è. E se non ci fosse alcun
Mistero?
“Tutto è
mistero e il mistero è tutto”, non
ricorda lo scioglilingua delle streghe del Macbeth?: “Il bello è brutto e il brutto è bello…”, anche lì c’era un mistero
da sciogliere…
“Più
dell’esistenza/è un mistero l’esistere, l’essere, l’esserci/un essere,
un’esistenza, un esistere – uno qualsiasi…”.
Eppure, il panteismo di cui si nutrono molti suoi
versi ci conciliano con un mondo tutto da vivere e da adorare, in cui ci
sentiamo immersi, perché creati con la stessa materia delle stelle, del vento e
dei fiori e di Dio stesso. Possiamo imparare dai ciarlatani e dai banditi, e
ascoltare filosofie che gli stolti possono insegnarci. ‘Tutto è in ogni cosa’ e
“Essere uomo è sapere che non si
capisce”.
La vita, per Pessoa, è un semplice quadro che
include il poeta che assiste come a uno spettacolo privo di intreccio e
insensato, creato soltanto per la gioia degli occhi. Si dorme, pur essendo svegli.
La vita, di fatto, è una grande insonnia.
‘Dormiamo la vita, eterni bambini del
Destino’: Pessoa prova una
tenerezza immensa per l’umanità infantile che vive ‘dormendo’ e quindi
inconsapevole.
Ricardo Reis, passando per Epicuro e Orazio,
consiglia di ‘guardare di lontano la
vita, senza mai interrogarla’. Tanto, essa nulla può dirci, in virtù del
segreto che racchiude. I nostri compiti: seguire il nostro destino, annaffiare
le nostre piante, amare le nostre rose: intorno c’è l’ombra di alberi estranei,
e, in cuore, serenamente imitare l’Olimpo, poichè gli dei sono dei perché non
si pensano.
Parafransando
un suo verso celebre: ”…e manca sempre
una cosa, un bicchiere, una brezza, una frase …”, manca sempre una pagina
per poter afferrare del tutto Pessoa.
Benchè il
materiale a disposizione -dei 27.500 documenti quasi tutti inediti, conservati
in ‘un’arca’ per i posteri- sia più che sufficiente per illustrare la sua
poetica, si avrebbe voglia di leggere e leggere ancora alla ricerca di un’altra
pagina forse più illuminante. Paradossalmente, però, ci si accorge quasi subito
che per intendere Pessoa può bastarne una sola.
E proprio
perché egli stesso concepì un’opera aperta e incompiuta, si ha la libertà di
spaziare e scegliere tra le innumerevoli parole ed eteronimi, senza il rischio
che nella scelta, fatalmente arbitraria, venga distorto il senso profondo della
sua poetica. Ogni concetto, quindi, può essere traslocato e assemblato con
altri. In ogni scelta possibile, quindi, c’è tutto Pessoa e manca sempre
qualcosa di Pessoa…
Tenendo conto
che egli frequentò esoterismo e alchimia, per dare unità allo spettacolo e
costruire una sorta di percorso narrativo, ho suddiviso brani di prosa e versi
secondo la classificazione dei “sette corpi sottili”.
A mio avviso,
il ‘grande buco nero’ di Pessoa è il corpo emotivo, il cuore. Attorno a ‘questo suo cuore freddo’, quindi, ho
avvitato tutto il materiale:
1. “semplicemente sento con l’immaginazione,
non uso il sentimento”=corpo mentale
2. Faust: il
mio può essere solo un tentativo di amare=corpo emotivo
3. Faust
invoca la Morte, sua unica amante possibile=corpo fisico.
Questa è una
delle innumerevoli possibilità di raccontare e rivivere il poeta…
IRMA IMMACOLATA PALAZZO
“IL POETA E’ UN FINGITORE” ha debuttato il 16 marzo
2009 al Teatro Studio dell’Auditorium-Parco della Musica, Roma nell’ambito
della rassegna Le lingue della Poesia:
classici per l’Europa – a cura di Valerio Magrelli, riscuotendo uno
straordinario successo. Il 20 maggio 2009 è stato trasmesso in diretta dalla
Sala A di Via Asiago - RAI Radio 3 – nel programma Il consiglio teatrale.