lunedì 16 aprile 2012






A spasso nel tempo con Pasolini, Pontormo, “gli Uccelli” e Laura Rosso
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Ho conosciuto Pasolini a 14 anni. Insieme al famoso gruppo “degli Uccelli” di Architettura che avevano con Renato Guttuso realizzato un graffito sulla parete della facoltà a Valle Giulia; loro avevano con Pierpaolo un grande rapporto affettivo, di intenti operativi comuni nel rapporto con quella “realtà” della quale Pasolini era maestro e che “gli uccelli” molto spesso realizzavano in azioni poetiche e di realtà trasognata e visionaria (vedi il loro arrampicarsi e rimanere diversi giorni sulla “Spirale della conoscenza“ di Francesco Borromini alla Sapienza o andare nelle case degli intellettuali di sinistra a creare degli happening realisti per metterli fortemente in crisi). Andammo con Paolo Ramundo, Straccio, Adachiara Zevi e Diavolo (gli Uccelli) in pulmino Volkswagen a trovare Pierpaolo all’istituto Luce: fu un viaggio per me lunghissimo, a quattordici anni, “fuori le Mura”. Lo trovammo chino alla moviola dolorante per un’ulcera… con i suoi occhiali che ogni tanto appoggiava alla moviola, ci disse che la sua ulcera sanguinava. Questa sua esclamazione mi si è fissata nella memoria, perché Pierpaolo mi mostrava una sua sofferenza fisica, dell’anima e della sua creatività; nonostante la mia età adolescenziale capivo da queste parole una metafora della sua sofferenza. In questo si riassume la pratica e l’azione artistica di Pasolini: entrare nelle ferita dell’animo umano per salire in alto con la poesia e la testimonianza, con il suo essere visionario come lo erano i più grandi Santi e Profeti.
E questo essere visionario lo portava dove il colore pastello del Pontormo (specialmente nelle pala della deposizione nella cappella Capponi progettata da Brunelleschi a Santa Felicita) gli permetteva di esplorare la realtà ma anche quell’invisibile che è dietro ogni opera di un artista che si è misurato poeticamente con le tessere musive di un arte legata al cuore e al fegato.
A Santa Felicita colori sgargianti innaturali, allungamenti delle figure, composizione delle pose in maniera complessa, il peso del Cristo che sembra quasi lievitare.
Mi sforzerò quindi di usare per le scene colori pastello e visionari secondo i dettami del grande maestro Pierpaolo Pasolini “maestro di scuola elementare” che è riuscito a porre le sue visioni della realtà in una cornice tragicomica. A questo punto voglio citare tre righe del “teatro di Laura Rosso” che inneggia in un suo testo teatrale ad un “teatro della zucchina china china e felice e tutti la guardano con delicatezza, gentilina acqua e sapone” in questo teatro all’inizio ci si distacca dalla realtà perché la si trova insopportabile, in totalità o in parte, e poi si evocano gridando Nicola Pisano, Arnolfo Di cambio, Giovanni Bellini, Giorgione, Tintoretto e Tiziano e tanti altri come catarsi.
UN TEATRO DELLA ZUCCHINA MAGARI CON UN PO’ DI RICOTTA SALVERA’ LA NOSTRA ESISTENZA E LA NOSTRA ANIMA.
Giancarlino Benedetti Corcos, pittore-scultore

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