domenica 20 settembre 2015


TEATRO PALLADIUM
27 ottobre 2015 ore 20,30

COSIMO CINIERI

LE ROSE DEL PARNASO 2 edizione – Festival itinerante
NIETZSCHE, TRA DIONISO E APOLLO
Ditirambi di Dioniso e altre poesie


LUCIO SAVIANI filosofo-performer


DOMENICO VIRGILI orchestrazione e pianoforte

GIUSEPPE FRANA strumenti a plettro orientali

SALUA danza


drammaturgia e regia
IRMA IMMACOLATA PALAZZO

Nietzsche poeta e non filosofo.
 “Un pretendente della verità – tu? Così schernivano./ No, soltanto un poeta!/ Un animale astuto, rapace, strisciante,/ che deve mentire,/ che sapendo, volendo, deve mentire,/ avido di preda,/ variamente mascherato,/ maschera egli stesso,/ egli stesso preda/ Questo - un pretendente della verità?... –/ No, soltanto giullare! Soltanto poeta!”, dove narr ha parecchi significati oltre che giullare: matto, stolto, stupido, buffone. Già, istrione, attore – colui che indossa la variopinta maschera, che simula, e che, in virtù della spersonalizzazione, sa operare una distruzione attiva del soggetto. Da sempre, come rileva Klossowski, citando La Gaia scienza, N. è affascinato dal problema: ‘calarsi in una parte’, in una ‘parvenza’. Il piacere della simulazione nel suo prorompere come potenza che spinge da parte il cosiddetto “carattere”, inondandolo, soffocandolo. (…) L’esistenza cerca una fisionomia per rivelarsi; l’attore è il suo interprete. La scena, il mondo. K. chiosa: si crede di poter scegliere liberamente di essere quel che si è, ma, in realtà, si è costretti a recitare una parte, non essendo quello che si è.  Pur non potendo non volersi, non si può volere che un ruolo. Per tutta la vita, N. pensò attorno al teatro, e con Ecce Homo e l’irrompere di una selvaggia teatralità, si trovò di fronte all’imperativo di praticarlo (Calasso).
Quindi, commediante. O matto. Un presagio? I Ditirambi è l’ultimo testo che Nietzsche diede alle stampe prima di consegnarsi pazzo all’eternità. Prima di varcare l’ultimo confine sceglie il canto (caro ad Apollo, dio della divinazione che discende dalla follia); poesia in forma di ditirambo. Il ditirambo è la forma corale che prelude alla tragedia. Là c’è Dioniso. Il dio dell’ebbrezza, con cui si condivide l’eterno dir di sì al nonsenso della vita. Giorgio Colli ci rammenta che un geroglifico arcaico raffigura Apollo con l’arco e la lira, suoi attributi che ricordano le corna di un capro, animale sacro a Dioniso.
Poesia e follia appartengono ad Apollo. Noi, autoinvitati al banchetto celeste, dobbiamo, però, farci trovar pronti come iniziati, visto che alla sua tavola si mangia Zagreus-Dioniso smembrato. Nella tragedia, infatti, DIONISO PARLA PER BOCCA DI APOLLO. Il cerchio si chiude. Non è poco per chi sempre è stato s-centrato come Nietzsche. Inattuale, come più volte ha rimarcato lui stesso. Fuori del suo tempo.
Forse meraviglia che lui, nei versi succitati, con raffinata ironia, ci tenga a precisare di non essere un filosofo, bensì un poeta. Infatti, come dice nella Gaia scienza, i filosofi dovranno parlare in modo nuovo, strappando gli strumenti di comunicazione alla scienza e all’arte.
N. non seguì studi accademici di filosofia; studiò per diventare teologo e insegnerà filologia classica fino ai 35 anni quando deciderà di dedicarsi alla filosofia a tempo pieno. Gli studiosi francesi lo incasellano come pensatore moralista. Ci sono i filosofi: Descartes, Bergson, Malebranche e ci sono i moralisti: Montaigne, Pascal, Diderot. E anche in Germania, Goethe è sistemato tra i moralisti. Ma N., a dispetto di qualsiasi catalogazione, specifica di essere soltanto un poeta, sebbene Giorgio Colli affermi che “Nietzsche poeta non è altra cosa da Nietzsche filosofo”. E anche Klossowski parla di una coesistenza in N. del sapiente e del moralista, dello psicologo e del visionario.
E come potrei sopportare di essere uomo, se l’uomo non fosse anche poeta? N. sceglie dunque la poesia che non dice né nasconde, ma accenna, che balbetta l’indicibile. Ma, alla fine della fiera, la poesia serve o no alla vita? E’ necessaria, egli ci dice da qualche parte.

Nietzsche, Il grande distruttore, come lo chiamò D’Annunzio, che gli dedicò per la sua morte un’ode (per la verità neanche tanto straordinaria): oltre il bene, oltre il male,/egli andava ebro della sua guerra,/splendido della sua virtù,/irto de’ suoi pensieri/. Ma, più che distruttore, potremmo definirlo smontatore, un decostruttore, così come acutamente ha messo in evidenza Vattimo. Più che venire rifiutati, i valori vengono smontati, quasi denudati, messi in luce nella loro vera natura. N. è colui che ha liquidato una volta per tutte l’essere e la sua coscienza, la morale, la verità, la dialettica, la storia, la libertà, Dio e ogni sostegno metafisico. Ma, considerato padre del nichilismo ermeneutico, la sua è in realtà una filosofia dell’affermazione. Deleuze sottolinea che se Marx e Freud sono l’”alba” della cultura contemporanea in quanto pensatori dello smascheramento, N. è un’altra cosa, è l’alba di una contro-cultura, perché a differenza dei primi due, che hanno ristabilito i codici (lo stato, l’economia, la famiglia), egli resta un eversivo, un nomade del pensiero e della vita.
Filologo, pensatore, compositore, psicologo, moralista, poeta e scienziato. Gaio.

I DITIRAMBI E LE ALTRE POESIE
Nella sterminata bibliografia nitzscheana, la poesia è stata abbastanza trascurata. Eppure la sua vocazione la si ritrova nelle composizioni poetiche della Gaia scienza, in Umano troppo umano e soprattutto in Così parlò Zarathustra, dove il linguaggio immaginifico rende impossibile distinguere le giunture tra prosa e verso (A.M.Carpi).
Per N. stesso, i Ditirambi di Dioniso è il primo libro della Trasvalutazione di tutti i valori. Egli si dice l’inventore del ditirambo, il nuovo linguaggio dello spirito quando parla da solo con se stesso. Vi emergono i grandi temi della sua meditazione ultima, carichi di una sorta di ‘vena agostiniana’. Secondo Giametta, i Ditirambi sono una delle tante manifestazioni della personalità poliedrica di Nietzsche.
Versi singolari per l’arditezza linguistica, è sempre la Carpi a sottolinearlo, graficamente visualizzata, per esempio dalle lineette che scardinano il contesto sintattico, come se in questa volontà di dare ogni cosa per possibile, ci sia un bisogno tutto moderno di superare ogni limite e di trovare un modo nuovo per dirle. E allora il gioco delle allitterazioni, uno dei mezzi retorici da lui prediletti, che concepisce e suggerisce sensi diversi. Certo è che N. si gioca anche nella versificazione una variegata tavolozza umorale: dal meschino Principe Ucceldibosco, tremante di febbre nel suo lettuccio durante la nera notte di pioggia, al beffardo Uccello picchio col suo meccanico tictac, la cui imitazione è il rimare dei versi.  Lapalissiana in queste figure l’aspirazione comunque a librarsi, all’andar leggeri.
Paesaggi e tempo cronologico appartengono all’ordine del simbolico: tramonti, sole allo zenit, nottate: opportuni all’intuizione, suggestioni, dove, però, non aleggia alcun mistero se non in forma di enigma e solo si pretende la parità col dio.
Nel penultimo ditirambo, Gloria ed eternità, N. ci propina una sfida spaventosa: “Chi lo legga senza esserci preparato, muore”. Continuamente egli tenta di innalzarci alle sue vette, là dove dimora l‘aquila dallo sguardo acuto e dal rostro tagliente. Fino alle stelle, là dove si vedono ruotare ‘mari di luce’.

LO SPETTACOLO
Cosimo Cinieri in NIETZSCHE, TRA DIONISO E APOLLO, con Lucio Saviani, filosofo-performer, Domenico Virgili, orchestrazione e pianoforte, Giuseppe Frana, strumenti a plettro orientali, Salua, danza. Drammaturgia e regia di Irma Immacolata Palazzo.
La performance tra poesia-filosofia e teatro inizia e finisce con una risata.
“E perduto sia per noi il giorno in cui non si sia danzato neanche una volta! E si dica falsa ogni verità per la quale non ci sia stata una risata!” Il saggio ride. “Non è con l’ira ma è con il riso che si uccide. Uccidiamo dunque lo spirito della gravità”.
Risata e danza, strumenti d’elevazione, quasi un distico sacro per N., figure della leggerezza e insegnamento capitale nello Zarathustra. Solo il saggio, l’uomo leggero, l’oltreuomo sa ridere della tragicità dell’esistenza, pur vivendola fino in fondo, l’unico che sa accettare l’estrema visione dell’eterno ritorno e che danza al tramonto tra il cielo e l’abisso. Altero e mai mendicante audience. Profeta della solitudine. Principe ucceldibosco. Siamo nella sfera dell’Artistik, come lui la chiamava, più vicina alla vita dell’acrobata, del funambolo, il primo doppio di Zarathustra che a sua volta era doppio di Nietzsche. Una vertigine. Noi artisti siamo incorreggibili.
Ci sono pagine di N. che sono pura energia, che invitano al ballo frenetico di una pizzica (danza dionisiaca per eccellenza, comune a tutte le culture del Mediterraneo nelle sue innumerevoli varianti). Pagine febbricitanti. Visionarie. Una scrittura contagiosa, perché chi parla è posseduto e ti possiede.
Il palcoscenico è una scacchiera in cui gli elementi sono proiezioni l’uno dell’altro (specchi); ensemble che obbedisce comunque alla legge dell’”arte monologica”. Ogni entità è un commediante che gioca da solo: il giullare-voce recitante i Ditirambi, il filosofo, sulla cui scrivania s’intravedono i tre fatidici dadi, che racconta di labirinti e naufragi,il pianoforte per creare atmosfere apollinee, il musicista con strumenti a plettro (cuore appassionato), la danzatrice-Arianna, padrona eppur perduta (come N. la immagina) nel proprio labirinto. Insondabile femminilità, ‘squassata da febbri ignote’ per il suo ‘Dio carnefice’, Dioniso, dalle piccole orecchie che sa odiare e amare a un tempo. Il cerchio è chiuso.
Nietzsche, tra Dioniso e Apollo, inserito nel Festival itinerante LE ROSE DEL PARNASO 2 ed., è prodotto dall’Associazione Culturale VAGABONDA BLU e sostenuto dalla Regione Lazio e Fondazione Roma Arte-Musei.
Foto di scena: Daniele Lanci; Uff.Stampa: Elisabetta Castiglioni Cell: 328.4112014 elisabetta@elisabettacastiglioni.com , Promozione e segreteria organizzativa: InventaEventi Tel: 06.98188901 progetti@inventaeventi.com , Promozione Scuole: Alt Academy Tel: 339.5932844 altacademy@libero.it

Biglietti: 15 euro Riduzioni: 10 euro Studenti: 5 euro.



Lucio Saviani
LABIRINTI E NAUFRAGI. LO STILE IN NIETZSCHE
Su Nietzsche e i Ditirambi di Dioniso

Per Irma e Cosimo

“La parola ‘smarrirsi troppo in alto’ deriva dal linguaggio degli alpinisti e designa la situazione in cui scalando le alte rocce si arriva a un punto dove non si può andare avanti né indietro, e l’alpinista è perduto. Uso questa parola per l’uomo che non solo è il più grande filosofo della fine del secolo XIX ma anche uno dei più intrepidi eroi che siano mai apparsi nel regno dello spirito”. E’ una pagina di un saggio di Thomas Mann, pubblicato a Stoccolma nel 1948.
A Nietzsche è forse più cara l’immagine del naufragio. Nell’ultimo paragrafo de La gaia scienza Nietzsche scrive così: “E ora, dopo essere stati in cammino così a lungo, noi Argonauti dell’ideale, più coraggiosi, forse, di quanto non lo esigesse la prudenza, dopo che molto spesso incorremmo in naufragi e sciagure - ora è come se a ricompensa di tutto ciò ci apparisse dinanzi agli occhi una terra ancora ignota, di cui nessuno ancora ha misurato con lo sguardo i confini, un al di là di tutti i paesi e i cantucci dell’ideale esistenti fino a oggi, un mondo così sovranamente ricco di cose belle, ignote, problematiche, terribili e divine …”.
Nell’avventura della conoscenza, che negli appunti per Aurora Nietzsche accosta all’avventura della navigazione, più di ogni altra cosa è possibile il “naufragio nell’infinito”. La citazione leopardiana ritorna più esplicita in un frammento dell’autunno 1880: “Infinito! Bello è ‘naufragare in questo mare’”.
Scrittore asistematico e geniale poligrafo, nella complicata “stratificazione di superfici” e di trame del suo testo Nietzsche ordisce, taglia, incide e annoda insieme, in modo inestricabile, generi e stili diversi: i saggi e trattati degli scritti giovanili, l’aforisma, la poesia in prosa, l’annuncio profetico, l’autobiografia, l’invettiva e poi simboli, allegorie, parabole. Il kikeyon, la bevanda degli iniziati ai riti eleusini, “si disgrega, se non è agitato”, ammonisce Eraclito l’oscuro. Così va “agitato” il testo nietzscheano: il suo labirinto è, insieme, filo e vertigine, funambolo e abisso, aracne (Arianna) e tela, passo e danza, Apollo e Dioniso.
Il problema dello stile, come annota Derrida leggendo Nietzsche, è sempre la valutazione di un oggetto acuminato. Di una piuma, di una penna, ma anche di uno stiletto, o magari di un pugnale. Rostro, sprone, punta tagliente, graffiante: graphos, che segna, incide e mantiene aperto uno scarto.
Lo stile è il modo individuale in cui un autore esprime la propria visione del mondo, ciò che  esiste in modo assolutamente singolare, non riconducibile ad alcuna regola. Invece Il particolare, specificazione di un universale, si rapporta all’universale come un caso alla regola; un caso non può mai cambiare una regola, mentre fra universale e individuale si spalanca un abisso: lo scarto stilistico.
All’abisso che si spalanca sotto i piedi dello scalatore, o che si nasconde nelle acque agitate del naufragio appartiene la poesia di Nietzsche.
Come per il kikeyon di Eleusi, la poesia di Nietzsche va assunta in costante associazione al pensiero speculativo, e questo, a sua volta, assume grazie alla parola poetica il suo scarto: il senso e la causa, l’origine. E i suoi effetti. Dai primi grandi ditirambi dello Zarathustra, fino alle liriche che Nietzsche raccoglie sotto il titolo Ditirambi di Dioniso  ricopiandole con cura nei primi giorni del 1889: sulla soglia del lungo silenzio, che cala come un’ultima maschera sul volto. A proposito di Gloria ed eternità, che precede di poco la follia, Nietzsche scrive: «Chi lo legga senza esserci preparato, muore»; tremenda profezia, come in Tra figlie del deserto: «Il deserto cresce: guai a chi rinchiude deserti!»
I Ditirambi di Dioniso sono il naufragio finale, in cui l’ “argonauta dell’ ideale”, più wagneriano di sempre, dice addio alla ragione e, con essa, alla filosofia. Niente  di più lontano dall’armonia classica. Come nel kikeyon, maestosa bellezza della tempesta e, insieme, ultimi spaventosi spasmi del naufrago. Nel primo ditirambo, ogni strofa è chiusa da ‘‘nur Narr, nur Dichter’’, ‘‘soltanto pazzo, soltanto poeta’’.
Nietzsche ha chiamato la pratica filosofica a un’azione decisiva: non accettare più i concetti già dati, ma crearne di nuovi, “porli e poi convincere gli uomini della loro verità”. Del resto, secondo Nietzsche, “sono indicibilmente più importanti i nomi dati alle cose di quel che esse sono (…) basta creare nuovi nomi e valutazioni e verosimiglianze per creare, col tempo, nuove cose”.
Ma tutto questo, per Nietzsche, è “quello di cui i filosofi si accorgono solo alla fine (…) Fare della propria vita stessa un esperimento - solo questa è libertà dello spirito, ciò mi divenne più tardi filosofia” (Frammenti postumi 1888-89). 



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